Oggi esiste tanto il bisogno d'amore. "Sì, oggi hai sempre bisogno di qualcosa che ti metta in crisi, allora tiri fuori i sentimenti buoni, oggi ti serve qualcosa che ti scuota." Augusto, quando vedevo i Nomadi cantare in televisione, mi sembravate sempre degli outsider, gente che non c'entrava niente. Quando ti vedo oggi, mi sembri un outsider e mi sembra che non c'entri niente, come mai? "Ma io non è che lo faccio apposta, è così, forse non tutti si viaggia sugli stessi binari, sarà una questione di destino, l'avrà deciso il Padre Eterno, qualcuno. Io non mi sento un pesce fuor d'acqua, in qualsiasi ambiente ho la capacità, come l'acqua, di prendere la forma del recipiente, quindi mi sento bene ovunque. Se sono stanco, mi sento stanco anche a casa mia, cir-condato dalle mie cose. Forse è la natura stessa che ha fatto in mo-do che noi ci unissimo e ci cercas-simo, che si potesse fare un gruppo come i Nomadi e fossimo un po' così, ma non per scelta ideologica, religiosa o mistica o pratica o economica o sociale. Noi siamo così." "Ma noi, ma noi, ma noi occhi chiusi guai, bisogna stare attenti a quello che si vede, a quello che si sente... Bambini imparare a tace-re, studenti imparare a imparare. ragazzi ragazze sognare e da grandi imparare a subire, subire! Soldati imparare a sparare. studenti imparare a marciare, uomini donne sognare e da vecchi impa-rare a morire, morire! Ma noi, ma noi, ma noi no, bocca chiusa mai, ci viene di parlare. qualche volta anche urlare; d viene di pensare. qualche volta anche cantare, cantare!" (Ma noi no) C'entravate qualcosa coi complessi d'allora? "No, non credo." Frequentavate l'ambiente musicale? "No, quando ci si incontrava nei famosi bar dei musicisti, o ci si trovava alla notte in certi posti dove vanno tutti, noi non c'eravamo mai, ma non per una questione di snob, o per essere fragili e delicati per appartenere a questi giri. Io le mie amicizie le ho sempre coltivate al di fuori dell'ambiente, perché ho più stimoli, stimoli diversi. A me non piace parlare sempre di musica e di canzoni, mi piace parlare della vita, del mondo, di quel-lo che succede. I miei amici, che frequento quando non faccio il cantante, sono completamente al di fuori dalla categoria dello spet-tacolo. Sono scultori, scrittori, poeti, gente normale della strada." Però sempre artisti. "Artisti, perché sono quelli più stimolati, provocatori, hanno un ateggiamento, anche di crisi nei confronti della vita, ma sempre comunque c'è da parlarne, da far tardi la notte. Poi si possono produrre anche canzoni con questa roba qua, però è chiaro che il mondo è fatto di tutti. Poi, se tu sei curioso, ed un musicista deve esserlo per forza perché se non lo sei è una cosa snaturata, devi rubare da tutti, prendere da tutti per poi trasformarlo in canzoni, in musica." "Ho visto la gente della mia età andare via, lungo le strade che non portano mai a niente. cercare il sogno che conduce alla pazzia, nella ricerca di qualcosa che non trovano nel mondo che hanno già, lungo le notti che dal vino son bagnate, dentro alle stanze da pastiglie trasformate, lungo le nuvole di fumo, nel mondo fatto di città, essere contro od ingoiare la nostra stanca civiltà e un Dio che è morto. Ai bordi delle strade Dio è morto. Nelle auto prese a rate Dio é morto. Nei miti dell'estate..." (Dio é morto) Tutti parlano degli anni '60 come boom economico, spiag-ge e mare. In realtà significavano anche che per la prima volta la cultura arrivava ai figli degli operai, che potevano andare a scuola, potevano studiare. Voi siete sempre stati un po' la coscienza degli anni '60. Cantavate canzoni come "Noi non ci saremo", una canzone ecologica con la paura dell'atomica, del buco dell'ozono. Cantavate "Dio è morto", una canzone sociale che parla di droga, di alcool, di come si autodistruggeva una generazione. Poi c'erano: "Canzone per un'amica", "Per fare un uomo", "Un figlio dei fiori non pensa al domani"'... "Era un altro aspetto di quegli anni '60. Se si fa un affresco di quegli anni, si deve tener conto anche di queste cose qua, di questi sentimenti che stavano nascendo in quel momento lì e che erano importanti e hanno poi trasformato il modo di vedere la vita, il mondo, e milioni di giovani. di ragazzi. Noi siamo nati nel '63 e abbiamo fatto musica da ballo fino al '66 quando abbiamo iniziato a fare dei dischi, mi sembrava che quelle cose li, tipo "I Watussi", fossero gia passate, che fossero già un passato, forse perché noi guardavamo in altra direzione. A 16/17 anni hai voglia di fare casino, non hai voglia di stare lì a ballare il geghegé, questo era l'atteggiamento di noi, dei nostri amici, del gruppo di cui facevamo parte in quel momento lì." "Mi han detto che questa mia ge-nerazione ormai non crede in ciò che spesso han mascherato con la fede, nei miti eterni della patria o dell'eroe, perché é venuto ormai il momento di negare tutto ciò che è falsità, le fedi fatte di abitudini e paure, una politica che é solo far carriera, il perbenismo interessa-to, la dignità fatta di vuoto, l'ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto e un Dio che é morto. Nei campi di sterminio Dio é morto. Coi miti della razza Dio é morto. Con gli odi di partito..." (Dio é morto) Perché c'è tanto caos in questo periodo? "La mia impressione è che la retorica ufficiale, anche quella del pacifismo. vuole che in fondo il mon-do, una volta che ha raggiunto uno stato di benessere o calma politica. si fermi lì. Invece no, il mondo è una grande pentola, è sempre in ebollizione. Oggi i problemi vengono dall'Est, l'Africa è un grande ebollitore, ma non si fermerà mai. Credo proprio che la vita stessa sia questo fluire di acque, fuoco, sentimenti, guai se non fosse così. Guai se non ci fos-sero queste cose che danno il san-gue, il ritmo a questa vita, che di per sé non avrebbe nessun significato. Bisogna accettare la vita con questa sua dimensione di cose continuamente in ebollizione, continuamente in ricambio. E' chiaro che tu devi cercare il tuo posto nel mondo, far sentire la tua voce se hai voglia di farla sentire, se hai voglia di polemizzare col mondo, di cantarlo, di criticarlo, di negarlo, di risolverlo politicamente, c'è lo spazio di fare tutte queste cose qui. E' chiaro che davanti all'orrore provi orrore, speri sempre che non avvengano queste cose qua. Quando le cose tendono a calmarsi, ciak, ecco un'altra parte del tendone e trovi un'altra falla. Non so quale sia l'intendimento di chi ha fatto il mondo, quale sarà l'obiettivo finale, se è quello di farci scoppiare tutti di rabbia oppure... "Penso che questa mia generazio-ne, preparata a un mondo nuovo e a una speranza appena nata, ad un futuro che ha già in mano, a una rivolta senza armi, perché noi tutti ormai sappiamo che se Dio muore é per tre giorni e poi risorge. In ciò che noi crediamo Dio è risorto. Io ciò che noi vogliamo Dio é risorto. Nel mondo che faremo Dio é risorto." (Dio é morto) "Cerco sempre di liberarmi delle mie radici involontariamente cattoliche, ma tutte le volte cado anch'io in quello che poi abbiamo dentro, è difficile scrollarsi da dosso tutto. Penso che le cose siano cicliche, come la guerra, che poi dopo viene la pace. Il mondo è un grande pallone gonfio che ogni tanto perde da qualche parte. C'è un tentativo di smobilitare tutto il passato, di smontare tutto quello in cui si era creduto, che era già scritto sui libri di storia. Adesso fra un po' la rivoluzione francese diventerà maligna, mentre invece i personaggi che hanno fatto l'orrore diventeranno positivi. Chissà, Hitier un giorno forse verrà rivalutato, parleranno di lui come di una persona che cercava di risolvere i problemi della sovrappopolazione. Sarà così." "Ma sto pensando a tutti quelli che hanno pagato nel silenzio e nel dolore, perché il carro armato non s'é fermato, niente ha risparmiato. Ti voglio dire che né politica, né religione danno il diritto di troncare la vita di un uomo. Che sogna solo una casa, una donna, un lavoro, di essere libero e un po' felice in un mondo migliore, fatto di gente. gente come noi." (Uno come noi) Tutte le generazioni sognano un mondo migliore. Alla fine degli anni '60, mezzo milione di ragazzi si ritrovarono a Woodstock, nell'apice, ma anche nella fine del loro sogno. Cos'è stato per te Woodstock? "E' stato prima di tutto un film musicale bellissimo, dopo quelli che avevo visto da ragazzino del twist e di Elvis Presley. Quindi, dopo tanti anni, vedevo finalmente un grande film in musica. Poi è stato un momento particolare della mia vita e di tutti i giovani italiani. Poi era la possibilità, non tanto lontana, che la musica potesse diventare anche un mezzo per stabilire uno stile di vita e lì, con questi tre giorni, ti facevano vedere come. E' chiaro, non tutte le ansie e la tematica giovanile era espressa in Wooolstock, lì c'era solo la musica e la grande novità: il pubblico protagonista. Quindi lo spettacolo nello spettacolo. Poi ho sentito per la prima volta il legame vero fra l'immagine e la musica quando alla fine rimangono le note di Hendrix su quello spettacolo desolante di dopo partita, con calze, scarpe ed immondizia. Era la prima volta che vedevo veramente la musica e l'immagine sposate insieme. L'ho rivisto dopo 8 anni e non aveva più questo impatto, però ho ricercato anch'io, come si fa di solito, di rivivere gli stessi momenti e le stesse cose, ma è difficile. Mi dispiace che se ne sia andato Hendrix, che mi pia-ceva moltissimo." Quando proiettarono Woodstock in tutto il mondo, Jlmi Hendrix era morto da pochi giorni. Era il primo campanel-lo d'allarme che tanti sogni di droga, intesa come religione, stavano finendo. "La droga che usavano gli artisti maledetti dell'800 era conosciuta pochissimo. quindi non era neanche d'elite, ma di pochissimi. Poi in fondo era scusato, perché l'arti-sta maledetto poteva anche morirci con la sua arte ed era il primo a rischiare di person~ gli effetti deleteri delle sue ricerche, anche micidiali, Con il rock, ed in quel momento particolare, arriva che la droga che poteva essere usata usata da tutti e ognuno poteva ritagliarsi il suo piccolo paradiso artificiale. Direi che è una delle mac-chie oscure del nostro tempo, senzà tanti moralismi; io ho visto di prima persona che effetti ha avuto sul musicista, ad esempio. Si diceva anni fa che i musicisti si facevano di qualsiasi cosa, poi non era importante se avevano studiato la chitarra, tanto veniva fuori tutto. Questa era una balIa inventata, non dai musicisti, ma clalla letteratura musicale in-torno, perché io ho visto dei ra-gazzi che, prima di fare uso di queste cose, erano bravissimi, di Modena, di Reggio Emilia, poi, in preda a questa cosa qua, la chitarra e la musica se ne andavano. Oppure erano convinti di creare ed invece non stavano facendo nien-te, anzi stavano uccidendo se stessi ed insieme a loro un sogno di libertà che purtroppo anche oggi non si può raggiungere con que-sta cose. Si dice: "Tu apri la mente con queste cose" la mente si apre facendo un viaggio in campagna, nel deserto, in montagna, fai una fatica fisica, lì ti apri la mente, vai in un bosco, hai voglia di vedere della gente, quelle sono aperture, vai in un museo a vedere quello che hanno fatto gli altri prima di te, quello che hanno creato davvero, vai a vedere una città Maja, vai in India a vedere come vive la gente, in Marocco, ma senza l'uso della droga. La tua testa si deve aprire piano piano a queste cose, con la tua curiosità di essere vivente. La droga è una grande macchia oscura in tutto questo, non ha ucciso solo delle persone, ma anche degli slanci vitali, forse è il vero cancro della nostra epoca. di queste fine di ventesimo secolo." "I venditori di morte fanno buoni affari, perché la domanda è sem-pre in aumento, con dollari spor-chi costruiranno ospedali, per chi ha seguito quel grande miraggio. E tu madre. non lasciare andare tua figlia, ha grandi occhi azzurri, capelli biondi, fa che non ascolti mai quella nenia, e dille: si può vivere nella realtà..." (Il serpente piumato) Secondo te Woodstock ha rappresentato l'apice dl quella generazione, cioè l'inizio della fine, o invece un momento splendido che poi è continuato? "Forse se si analizza il fenomeno cosi è l'inizio della fine di un rito che non era vecchio, ma nuovissimo, però nello stesso tempo era un rito antichissimo, che era quello degli uomini che stanno insieme per fare musica, per ballare, per sentirsi uniti agli altri e che non fossero, come si è sempre nella vita normale, in conflitto perché devi guadagnare i soldi, perché devi vivere, ma lì insieme, liberamente, senza pregiudizi, lì, uguali, tutti insieme per far casino, per dormire fuori, sotto la pioggia, per stare vicino ai musicisti e agli altri. Visto così segna la fine di un'epoca, però è forse un fatto isolato, non ripetibile, come tutte le grandi cose. Forse è meglio così, vuol dire che ha sondato ed ha espres-so tutto quello che c'era da esprimere, poi tocca agli altri fare qualcosa di diverso. E' un momento particolare vissuto a sé." "Amico che cerchi il tuo paradiso, l'inferno lo vivi quando hai la pau-ra... Il tuo paradiso forse hai nelle mani, ma tu non lo sai perché pensi al domani. Amico non chiedere qual'é il tuo destino, un fiore avvizzisce se pensa all'autunno. I fiori che hai dentro non farli morire, ma lascia che s'aprano ai raggi del sole. Il sole svanisce se pensa al domani." (Un figlio dei fiori non pensa al domani) "Un figlio del fiori non pensa al domani" lo cantavate perché era una moda di quel periodo o perché ci credevate veramen-te? "Secondo me c'erano delle sonorità nuove che arrivavano attraverso le nuove idee, figli dei fiori, filosofia hippie, l'India come la terra promessa, il pacifismo, i fiori, la danza, la gioia, il viaggio. Tutto questa era una novità, quin-di era eccitante perché poteva essere ricca di grandi spunti da poter produrre in musica, in parole, in messaggi per gli altri. Ma sai, l'Italia poi è sempre rimasta molto lontana dall'America, ci sono molti chilometri che ci separano, quindi non poteva diventare un fenomeno di costume come lo è stato un po' in qualche città americana. Per il resto mi sembravano interessanti alcune sonorità che c'erano tecnicamente nella musica, i testi non è che in fondo dicessero grandi cose. Secondo me "Un figlio dei fiori non pensa al domani" diceva tutto quello che si deve dire nell'ambito di una filosofia come quella: non porti il problema della vita del futuro, ma pensa a consumare la tua vita adesso e soprattutto con gioia." Oggi, vent'anni dopo non è ri-masto più niente, un ragazzino che vede Woodstock, che vede la gioia di rotolarsi nel fango, fare il bagno nudi, lo troverà forse anacronistico? "Dopo tanti anni così, è anche troppo facile ricorrere alla retorica e dire: ah quello che abbiamo vissuto noi è impossibile riviverlo e voi giovani sarete dei giovani cristi perché non conoscete quello che abbiamo conosciuto noi." "lo un giorno crescerò e nel de/o della vita volerà Ma un bimbo che ne sa, sempre azzurra non può essere l'età. Poi, una notte di settembre mi svegliai, il vento sulla pelle, su/mio corpo il chiarore delle stele Chissà dov'era casa mia e quel bambino che giocava nel cortile" (lo vagabondo) "Io da bambino ad esempio facevo il bagno nei canali, adesso non si può assolutamente. Quindi è facile dire ad un ragazzino oggi: quando avevo la tua età mi divertivo tuf-fandomi dal ponte coi miei amici nudi, perché non si comprava il costume e si poteva andare a nuotare nel Po. Però loro non lo capirebbero, non hanno davanti agli occhi i due mondi, l'altro se ne è già andato, è un po' come leggere un libro di storia. Quindi vent'anni dopo si rischia di fare la fine di Stanlio, nel film in cui nessuno gli aveva detto che era finita la guer-ra e lui continuava a marciare nella sua trincea e fare una buca profonda, a forza di marciare avanti e indietro, e una montagna di barattoli di fagioli vuoti, per poi mitragliare un aereo civile pensando che fosse un aereo nemico. Però credo che la nostra classe, '45/'46/'47/'48, quel blocco di classi lì, si sia fatta le ossa col tempo. Da bambini, d'estate, andavamo a lavorare per guadagnarci qualcosa. I nostri genitori ci compravano pochissimo, io non ho mai conosciuto un motorino mio, ad esempio. Tutto questo mi ha formato, io devo ringraziare questo, mi piace aver vissuto in un momento in cui le cose me le sono conquistate. Quindi non me la sento di dover fare il moralista vent'anni dopo, perché bisogna arrivarci con altri metodi, altri sistemi, che non sono quelli del Padre che dice al figlio: "Non farai mai quello che ho fatto io da giovane". Io non so, la mia giovinezza, la mia primavera non la cambierei con nessuno, nè con le Timberland, assolutamente. La mia Woodstock infantile l'ho vissuta facendo il bagno nudo, scalzo, andando dentro alle pozzanghere quando pioveva. Il bagno nel fiume, la campagna, io l'ho già vissuto. Mi piace che la mia cultura si sia formata attraverso questo terreno. "Per giocare: un aquilone, un gesso bianc, il vecchio muro. Bastava un niente per sorridere, una bugia per essere grande. Crescerai imparerai... Bastava un niente, un campo verde, una corsa, poi a pescar sul fiume. Bastava un niente per sorridere..." (Crescerai)


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