Casalromano, 1990 Sono andato a Casalromano, un paio di anni fa, per fare un servi-zio sui Nomadi per Be Bop a Lula. Lì ho incontrato il "popolo nomade", mai così numeroso. Era una vera festa, con più di 5.000 persone convenute per il concerto di un gruppo che era ormai diventato un punto di riferimento per almeno tre generazioni. Quando ho chiesto ad Augusto di spiegarmi come mai, in un paese così piccolo, si erano radunate tante persone, lui mi ha risposto:
"Questo non succederebbe a Milano o Roma, perché lì l'affetto viene dimostrato in altra maniera. Qui invece, in provincia, c'è un sapore di contatto diverso. lo sono un uomo contento di sapere che c'è tanta gente che mi rispetta, contento di andare a vestirmi e andare lì in mezzo, contento di tirare fuori tutto fino all'ultima goccia."
Quando vedi dei bambini che cantano le tue canzoni, non ti sembra strano?
"No, vuol dire che in fondo le can-zoni diventano una proprietà familiare, il padre trasmette ai figli e questa è una continuazione. A me piace, stasera sappiamo che can-tiamo in fondo anche per loro, il messaggio è rivolto anche a loro, questo è bellissimo. Vabbè, loro non sanno il significato di tante parole, però è bellissimo che ve-dano noi, che non siamo i mostri televisivi che la televisione gli impone, quindi è un affetto diverso, più importante, loro cresceranno e fra qualche anno ce li vedremo davanti, questo è già successo tre o quattro volte."
Bambini che vedevi ai tuoi concerti e oggi sono ragazzi e continuano...
"Hanno coltivato questo affetto, amore per il gruppo. Poi hanno imparato le canzoni. questo mi piace molto."
"Un vecchio e un bambino si pre-ser per mano e andarono insieme incontro alla sera... il giorno cadeva, il vecchio parlava e piano piangeva, con l'anima assente, con gli occhi bagnati, seguiva il ricordo di miti passati... E il vecchio diceva, guardando lontano: immagina questo coperto di grano, immagina i frutti e immagina i fiori e pensa alle voci e pensa ai colori. E in questa pianura, fin dove si perde, crescevano gli alberi e tutto era verde; cadeva la pioggia, segnavano i soli il ritmo dell'uomo e delle stagioni. Il bimbo ristette, lo sguardo era triste e gli occhi guardavano cose mai viste; e poi disse al vecchio, con voce sognante: "Mi piaccion le fiabe, raccontane altre." (11 vecchio e il bambino)
E' il sogno di ogni padre di tramandare al figli ciò che ha amato?
"Sì, nella passione per la musica riesci a comunicare, è chiaro che se vuoi che tuo figlio vada a cacciare o pescare, non sempre lo fa. Però la musica e le canzoni sono cose che prende. Anche perché i bambini sentono le cassette o i di-schi in casa e vanno al di fuori del bombardamento televisivo, di quello che impone il gusto in quel momento."
Voi non siete spesso in televisione, perché? Perché non vi vogliono o perché avete moderato le vostre apparizioni?
"Un po' per tutto, con te veniamo volentieri perché con te ci sentia-mo abbastanza liberi, questo credo che sia un modo di pensare ab-bastanza comune fra noi e te. Alla ricerca sempre di qualcosa. all'unisono con te, che vuoi essere una persona libera e dire e fare quello che vuoi, quindi è chiaro che ti scontri sempre con qualcuno. Credo sia un po' tutto, un po' non ci vogliono, un po' non vogliamo noi, ma credo che questo non essere continuamente presenti è anche uno dei fattori per cui siamo ancora. Non abbiamo saturato il video, non abbiamo stancato la gente. La gente che passa davanti al televisore pensa sempre, quella volta che ti vede, che forse sei anche nuovo."
Tu eri assessore.
"Sì, ma mi sono tolto perché non avevo nessun potere."
Non eri stato eletto?
"Si, ma è stata una storia di simpatia, un numero di elettori mi ha votato per simpatia, ma io non mi vedevo come consigliere comunale. Io, girando il mondo e cantando, ho sempre risolto quasi subito i problemi. Tu hai un problema, lo risolvi subito, tu canti una canzone, la gente ti dice subito cosa ne pensa. La politica o la gestione della città è un lavoro lento. lunghissimo, poi è una cosa che tutti dovrebbero vedere fatta bene. Alla fine invece, per partito preso, per una questione di correnti e strategie politiche, ci sono discus-sioni a non finire, questa è la democrazia, va bene così, ma questo non è il mio mestiere. Poi io sono venuto via perché in fondo non potevo mantenere la mia presenza continua, invece ci vuole. Quegli assessori che vanno alle sedute comunali una volta all'anno non sono bravi. Se accetti l'impegno, lo devi fare sempre, oppure lo accetti per simpatia, per dimostrare in un certo momento di bisogno che tu sei presente e dimostri simpatia per quella corrente o per quel partito. Poi, togliermi dalla politica è un altro favore che ho fatto alla città. Reggio Emilia è una città che a volte è bella e a volte no, è un grande paesone, una piccola città coi difetti di una grande città. Io vedo delle cose che bisognerebbe fare, come l'uso del tempo libero in una città come Reggio Emilia, ma sei solo, gli altri consiglieri ti ascoltano, ma è difficile, quel tipo di guerra lì non la voglio fare. Io voglio combattere con una cose che posso ottenere subito, oppure l'appoggio degli altri per poter veramente gettare delle basi per una città più vivibile. Ma anche questa è la ragione per cui io abito in provincia, in un paese la gente è più avvicinabile, lo vivi di più, fai due passi e hai già fatto il giro del centro, il negozio è sotto casa, non è mai il grande magazzino spersonalizzate."
"Siamo un po' tutti dei gatti randagi, ce ne andiamo coi sogni in spalla,. siamo un po' tutti dei buoni a niente, siamo un po' tutti dei tira a campare. noi siamo quelli che vogliono andare, un solo credo: la voglia di amare, un solo sogno: la libertà. (I gatti randagi)
Voi, oltre a fare concerti, mantenete un contatto conti-nuo con la gente, col vostri fans.
"Sì, io non vedrei questo mestiere se non in funzione di un incontro con la gente, altrimenti sarebbe un mestiere troppo terribile. Se devi arrivare dentro ad un cellulare, cantare due canzoni e poi an-dare via, che senso avrebbe? Io voglio sentire la vicinanza della gente, il bagno nella folla, solo cosi la musica acquista un nervo e significati diversi."
Ma tu eri così anche all'inizio della tua carriera. quando negli anni '60 c'era un divisino esasperato e voi eravate un complesso molto famoso, come l'Equipe 84, i Rokes?
"In fondo ero molto giovane, quando abbiamo fondate il gruppo avevo 16 anni, abbiamo iniziato a fare dischi che avevo 18 anni, quindi tutto è cresciuto con me. Io ho fatto crescere la mia filosofia, la filosofia del gruppo attraverso il tempo, oggi è la somma di tutto quello che ho fatto in questi anni qua. Posso dirti che questa sera si festeggia anche la mia felicità. lo sono un uomo contento, nel 1990, in mezzo a tanta gente, anche triste, sono un uomo contento, non perché sono uno sciocco che vive in un mondo di problemi, ma perché ho riacquistato una forza, un'energia che pensavo si stesse spegnendo con l'andare degli anni, invece mi arrabbio sem-pre di più, divento sempre più..."
"Grazie a mia madre per avermi messo al mondo, a mio padre semplice e profondo, grazie agli amici per la loro comprensione, ai giorni felici della mia generazione, grazie alle ragazze, a tutte le ragazze. Grazie alla neve, bianca e abbondante, a quella nebbia, densa e avvolgente, grazie al tuono, pioggia e temporali, al sole caldo che pulisce tutti i mali, grazie alle stagioni. a tutte le stagioni... Grazie alle mani che mi hanno aiutato, a queste gambe che mi hanno portato, grazie alla voce che canta i miei pensieri, al cuore capace di nuovi desideri, grazie alle emozioni, a tutte le emozioni... Ma che film la vita, tutta una sorpresa, attore e spettatore fra gioia e dolore, tra il buio e il colore." (Ma che film la vita)
Red Ronnie

LETTERE AD AUGUSTO

Ogni giorno qualcuno mi scrive, per raccontarmi di Augusto, per ringraziarlo. Ma ormai il giornale é finito. lì prossimo mese ne pubblicherò altre. Per ora ne ho scelte due. Una. di Daria. è la prima che mi é arrivata. L'altra l'ho chiesta io a Beppe Carletti, il compa-gno di sempre di Augusto nei Nomadi.
Red, che dire un amico, un fratello, una persona buona se ne è andata! Io ho avuto la fortuna dì poter parlare con lui, di conoscer-lo personalmente meno di 5 mesi fa... mi ha trasmesso una forza incredibile mentre mi parlava, mi spiegava, mi trattava con tenerezza. Io, la ragazzina semplice e timida di fronte a lui gigante... gigante in tutti i sensi! Sai, ripensandoci ora, quale è la cosa che più mi ha colpito di Augusto? La sua voglia di vivere, di andare avanti, di sconfiggere il male, di riuscire a dare fino alla fine... simbolo ne è per me quella agendina fitta di impegni che Augusto tirò fuori per vedere le date future dei suoi concerti... Dio, come faceva a sapere che quella agendina si sarebbe fermata al 7/10/1992?
Lo sapeva Red, di avere un male che non avrebbe risparmiato nemmeno lui; forse quella barba più lun-ga del solito, quei capelli lunghi servivano a nascondere la paura. perché deve aver avuto paura. non può non averne avuta! La morte, soprattutto quando la porti addosso deve fare una gran paura. Mentre ti scrivo sono le 11,15 di sera e non riesco a capire, sono confusa, scrivo così di getto. cerco un po' di conforto pensando a quello che Augusto ha detto quando anche Dante se ne è andato:
"La cosa più giusta e rispettosa nei confronti di chi se ne va è continuare, continuare lungo la strada tracciata!" E Augusto ha tracciato una strada piena diamore per la musica, per la vita che noi non dobbiamo mai abbandonare... sarà facile seguirla perché sarà, anzi è una strada piena di fiori colorati, di sole, di profumi! Certo ci vuole pure la pioggia per permettere alla terra di bere, ci vogliono i lampi, i tuoni per risvegliarsi dal torpore del troppo sole. Ma che importa, noi dobbiamo essere sempre su quella strada, vagare da veri nomadi come era lui! Mi hanno telefonato questo pomeriggio alle 17,00 per dirmi della sua morte, io ero stata fuori tutto il giorno e non sapevo nulla: mi è sembrato che un altro amico del Be Bop se ne fosse andato, prima Pippo, poi Alberto, adesso Augusto! Mi fa paura la morte, sai? Solo per il fatto che si lasciano le persone che ami e che ti amano, non per altro, perché tanto lo so che dopo c'è un'altra vita e Augusto rimarrà per sempre nei nostri cuori con la sua voce, le sue canzoni, il suo essere attento, cu-rioso, pieno di voglia di trasmet-tere! Io lo ricordo così...
pieno di voglia di trasmettere nonostante quel maledetto cancro che lo ha portato via da questa terra. Deve aver avuto paura, io ne avrei avuta ed è questo che mi tormenta, se lo avessi saputo, lo avrei abbracciato, consolato, avrei fatto quelle classiche cose spontanee quando sai che una persona che ami soffre. Tu dirai che sarebbe stato peggio, che lui voleva continuare a vivere come sempre fino all'ultimo, e lo ha fatto, ti do ragione. So che hai ragione, ma come si fa, vedi un amico che soffre e fai finta di niente? Ho visto "Castracaro" questa sera e ti vedevo tra il pubblico... non applaudivi, sembravi scocciato! Poi quando Claudio ha dedicato alla fine la serata ad Augusto, tutti hanno ap-plaudito... tu no, bastava leggere i tuoi occhi, bastava guardarti per capire l'affetto vero che provavi per Augusto, come noi, come tut-ti! Che confusione vero? Ma il mio cuore aveva bisogno di sfogarsi, la mia mente aveva il diritto di ren-dere questo modestissimo "gra-zie" ad Augusto, un uomo vero, un uomo coraggioso ed è per lui, anche per lui, che ora combatteremo più forte, non ci faremo so-praffare! Sono convinta che dedi-cherai ampio spazio ai Nomadi, ad Augusto sul prossimo Be Bop... è il minimo che si può fare! Beh, sarei felice se tu pubblicassi questo mio, diciamo così, "grazie Augu-sto"! Ora ti lascio, potrei lasciarti con una frase ad effetto delle canzoni dei Nomadi. ma non lo faccio per-ché tutto merita di essere ricorda-to, tutto ciò che cantava era "d'ef-fetto"! Un grosso bacio!
DARlA MOTTA, Via Penitenti 51 -29100 PIACENZA Tel. 0523/69318

La sera del funerale di Augusto ho chiamato Beppe, per sapere come stava e dirgli che parecchi ragazzi che avevo incontrato quel pomerig-gio, dedicato all'ultimo saluto, mi avevano chiesto di parlare, scrivere, fare programmi su Augusto e i Nomadi. Così avevo deciso di cambiare tutto il Be Bop che stavo già finen-do. Ho chiesto a Beppe di scrivere qualcosa su Augusto.
Lui si é scher-nito, con una frase bellissima: "lo non so fare queste cose, io sono un uomo di terra". Allora gli ho proposto di scrivergli una lettera.
"Questo sì, questo lo faccio". Pochi giorni do-po, a casa sua, mi ha consegnato questo foglio, con qualche correzione e un testo incom-pleto, appena accennato, ma per questo splendido. E' una lettera in cui Beppe, forse per la prima volta, si apre davvero e but-ta fuori quello che ha dentro. Suo figlio era felice di questo inizio di fiducia in se stesso. Perché scrivere una lettera a qualcuno che non la potrà mai leggere è anche cercare un contat-to con una realtà nuova. Perché tutto ciò che stiamo facendo per ricordare Augusto non serve a lui, ma solo a noi, anche per fare nostre le cose che ci ha lasciato.
Ciao Ago

sono Beppe,
sì proprio io, Beppe Carletti, quello che in un tuo testo hai definito fratello maggiore, quello che nel 1963 ti é venuto a cercare per formare un gruppo. Bé, oggi mi sono detto: perché non scrivere a Ago. Dopo quasi trent'anni ti chiederai cosa mi sia successo, visto che non c'è mai stato bisogno, tutti i giorni in macchina, i lunghi viaggi, le gioie, i dolori, le discussioni, i sogni. Certo non é facile scriverti, non é che mi vergogno, perché tanto tu mi conosci, sai che non scrivo mai a nessuno, e che mi riesce difficile, sono un uomo che crede in quello che riesce a toccare. Comunque, quando leggi la lettera, non lasciare che la cenere delle tue sigarette la bruci, o che il vento la porti via, ma tienila in tasca, quella vicina al cuore. Come vedi non é niente di particolare, è solo una sfida con me stesso, sono solo parole, forse senza senso, forse non c'è un bisogno, o forse saranno questi anni che passano così veloci, tu lo sai sono quasi trenta e sembra ieri...

BEPPE




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