Milano. Dopo 40 anni su e giù per i palchi di tutta Italia, i Nomadi (nella foto) non hanno più bisogno di presentazioni. La band di Beppe Carletti, l'unico componente rimasto della formazione originale, è più una fede laica che un gruppo pop, seguita con fervore semi-religioso da decine di migliaia di fan. Dopo le celebrazioni del quarantennale con un disco doppio e un dvd, i Nomadi pubblicano domani un nuovo album, "Corpo estraneo", e si apprestano a ripartire per l'ennesimo tour che si chiuderà la notte di San Silvestro a Cerea, in provincia di Verona. «Il veglione a Cerea è confermatissimo. A Verona abbiamo dei fan molto fedeli, un pubblico eccezionale, persone che conosco da una vita», afferma Carletti, felice e orgoglioso del nuovo lavoro, pubblicato come i precedenti dalla Atlantic/ Warner.
Il titolo è in qualche modo una definizione del vostro ruolo nella musica leggera italiana?
«Sì, siamo un corpo estraneo ma in senso positivo. Vuol dire che non siamo parte della massa dei cantanti. Quando tra di noi abbiamo discusso del titolo dell'album, ho detto che in fondo un corpo estraneo lo siamo sempre stati. Noi Nomadi siamo cresciuti sempre fuori dalle mode e fuori dalle righe. Nessuno mi può dire il contrario. È stata la nostra forza e lo è tuttora, nonostante incidiamo dischi per una multinazionale e ogni tanbto andiamo in televisione. Però siamo fuori dal grande business ed è questo che ci ha fatto sopravvivere e andare avanti».
L'album, a partire dalla prima canzone, "L'ordine dall'alto", sembra più rock, più cattivo dei precedenti.
«Siamo un po' più duri, un po' più arrabbiati. Bhe, cosa volete... Non è che ce lo siamo imposti: è il nostro stato d'animo. Tutto quello che ci circonda ci porta ad essere così. E poi nel gruppo ci sono varie tendenze e quella rock è la preponderante. Daniele Campani, il batterista, e Massimo Vecchi, il bassista, sono rockettari fino all'esasperazione. Non è stato difficile concepire in questo modo il disco nuovo. Quando ci troviamo nella nostra sala-prove a Reggio Emilia, molto democraticamente ognuno dice la propria opinione sulle canzoni e sull'atmosfera dei dischi. Anche se io sono "l'anziano" del gruppo, sto alla pari degli altri. Comunque in "Corpo estraneo" ci sono anche parti dolci, poco rock, come i violini nel brano "Confesso" o il piano malinconico di "Soldato" e "In Piedi". C'è il rock ma anche un'altra anima, più leggera. In generale, però, è vero che in gran parte del disco è uscito il nostro versante rock. Con "La voce dell'amore", la canzone che chiude l'album, siamo nei dintorni del rock anni '70 tipo Deep Purple».
Il rock ha 50 anni, quasi quanto voi Nomadi.
«Il rock mi è sempre piaciuto, da Elvis Presley in avanti. Adoro i Led Zeppelin e i Deep Purple. Per quanto riguarda l'Italia, in molti dicono che fanno rock e poi incidono canzoncine d'amore. Per me il rock è duro, anche violento, e non c'entra con la canzonetta. Mi viene difficile pensare a italiani che fanno il rock, anche se dicono che Ligabue e Vasco Rossi sono rock. Per me il rock è un'altra cosa».
Il rock è anche sovversione di certe idee, come era successo per il vostro classico del 1967, "Dio è morto".
«A quel tempo era stata censurata ma poi a rivalutarla è intervenuta anche la Chiesa. Eppure, a noi ci hanno detto che eravamo di sinistra perché cantavamo una canzone come "Dio è morto". Se quella era una canzone di sinistra, allora sono un comunista di quelli con il pugno chiuso! Comunque non mi vergogno a dire che sono di sinistra. Scusate, ma la sinistra non mangia i bambini come dice ancora qualcuno».
Giulio Brusati