di Paolo Gallori
I giorni della festa sono ormai alle spalle. Trascorso il 2003 e buona parte del 2004 a celebrare i 40 anni di carriera (gruppo più longevo della storia della musica leggera italiana), i Nomadi pubblicano venerdi 29 ottobre un nuovo album di canzoni inedite. Il brano che battezza l'intero lavoro è Corpo estraneo, canto di dolore per un mondo che ha paura della diversità, del confronto, che erige muri ovunque per proteggere le sue misere certezze. Per Beppe Carletti, unico membro originario della formazione e sua memoria storica, il titolo assume un'ulteriore valenza pensando ai compagni d'avventura Danilo Sacco (voce), Chico Falzone (chitarre), Massimo Vecchi (basso), Sergio Reggioli (violino e percussioni) e Daniele Campani (batteria).
"Io penso proprio ai Nomadi - confessa a cuore aperto Beppe -. Noi, così unici e diversi, oltre le mode, oltre il business. Sempre qui, nonostante i cambi, anche dolorosi, di formazione. Nonostante il fastidio di chi non ascolta più i nostri dischi e ci etichetta come vecchi, anni Sessanta. Ecco, nel mercato musicale di oggi io mi sento un corpo estraneo".
Mercato, discorso inevitabile pensando alle 300mila copie vendute della raccolta celebrativa Nomadi40 (Warner/CGD), più o meno la cifra totalizzata dalla Platinum Collection (Emi) nello stesso periodo. "Il problema per noi non è il livello delle vendite - spiega Carletti -. La vera sfida è mantenere inalterato il contatto diretto con il pubblico. Prima suonavamo per poche centinaia di fan, oggi siamo costretti a erigere transenne, ad avere un servizio d'ordine, perché la passione di tanta gente può sfociare in episodi spiacevoli. C'è chi ha capito. E noi cerchiamo di farci capire".
Inutile negarlo. Anche ripartire con un album dopo un simile exploit discografico è una bella sfida. "E' stato più facile del previsto - racconta Beppe con un sorriso -, perché c'era voglia di non cullarsi sugli allori. E' stato come ripartire dall'anno uno, con tanto rispetto per il passato, ma anche con canzoni nuove di cui siamo innamorati. Abbiamo lavorato in tre sale diverse, dividendoci i compiti. Io e Chico lavoravamo in due sale contemporaneamente. Lì sono nati brani in stili così diversi".
Nella musica Corpo estraneo è davvero un disco "nuovo" per i Nomadi. Il gruppo rasenta dinamiche al limite dell'heavy metal (in apertura con L'ordine dall'alto) e poi rispolvera il beat (Essere o non essere), si addormenta al suono di una ballata crepuscolare (In piedi) e si risveglia in un'alba appalachiana (il country rock di Stella cieca). Il techno pop colora il Corpo estraneo, ma poi lascia la scena al rock in Stringi i pugni e in conclusione con La voce dell'amore, che tuona su riff di chitarra elettrica che ricordano un po' i Pearl Jam, un po' il nume Hendrix.
La sorpresa è l'arrangiamento classico, quasi un minuetto, cesellato per Confesso. "E' nata proprio così - racconta Beppe -. Sergio Reggioli, il violinista, sa il fatto suo. Lui accenna a una linea melodica, io lo seguo con il pianoforte. I Nomadi si conoscono troppo bene, hanno un loro codice mentale. Fino al '97 avevamo un produttore, oggi facciamo da noi, perché sul palco, alla fine, ci andiamo noi. Siamo una famiglia. A settembre eravamo a fine tour: su sei date abbiamo giocato cinque partite di calcetto. Non conduciamo vite separate".
Quanto ai temi tratti in Corpo estraneo, l'attualità la fa da padrona seguendo tre direttrici sviluppate in testi di alto spessore poetico. La prima è la guerra raccontata come una "scelta" che diventa obbligata nelle farneticanti giustificazioni del potere (L'ordine dall'alto); come paura della diversità (Corpo estraneo); come ragazzi mandati al macello senza una ragione accettabile (Soldato).
"E' bene ricordare che la guerra non è mai finita, c'è sempre stata al mondo una guerra - sottolinea Beppe -. La differenza è che prima era lontana, oggi ci appartiene. Anche i nostri ragazzi sono in guerra. E muoiono. Quando ci siamo ritrovati con il team di giovani autori che collaborano con noi, tra cui tre ragazze, il tema era obbligato. La guerra era, ed è, su tutte le pagine dei giornali, in tv, ovunque. E chi fa musica non può ignorare la realtà. Noi abbiamo scelto di trattarla così. La novità è forse la figura del Soldato, un testo scritto da Lorella Cerquetti (che ha firmato anche Il re è nudo nel precedente Amore che prendi amore che dai, 2002, ndi) che mi fa venire la pelle d'oca. Ragazzi mandati allo sbaraglio con il miraggio di una buona paga e minimizzando i rischi. La grande bugia. Canzoni perfettamente in linea con la storia dei Nomadi che lanciano slogan, da "Dio è morto" si passa a "prenditi il torto e ama".
Sul tema Beppe Carletti si scalda. "Ho vissuto gli anni del Vietnam con piena coscienza. E l'Iraq mi ricorda davvero un Vietnam 2. La differenza sta nel fatto che allora del Vietnam si sapeva poco, dell'Iraq si vede (quasi) tutto. E poi noi italiani non eravamo impegnati. Paradossalmente, la gente all'epoca si sentiva più coinvolta. Oggi mi sembra indifferente, forse perché ci hanno fatto credere che la guerra è necessaria. E ci stiamo abituando a pensarla così. E' terribile, sono spaventato. Cosa sarà delle nuove generazioni se nessuno ha la forza di dire basta, di dire no senza alcun distinguo alla guerra? Non basta che si ritirino gli italiani, i polacchi, i filippini. Bisognerebbe scendere in piazza tutti i giorni".
In Vietnam, come in Cambogia e Laos, Beppe è tornato più volte in anni recenti, sostenendo con i Nomadi alcuni progetti umanitari dell'associazione Ecpat. Ha rivisto il sorriso sul volto di popoli sopravvissuti ad atrocità inenarrabili. Ed esprime così la sua preoccupazione: "Non so se il popolo iracheno troverà la stessa forza. Dovremmo aiutarli noi, ma qui c'è di mezzo la religione. In Vietnam si scontrarono ideologie, in Cambogia si è arrivati al genocidio per un'idea folle di società. In Iraq la religione può diventare un serio ostacolo all'aiuto dall'esterno. In nome di un dio non si distingue più tra soldati e volontari delle organizzazioni umanitarie. La religione può essere un grande muro".
Pochi istanti e il musicista ritrova l'entusiasmo parlando di idealismo (Stringi i pugni, Vulcano, Oriente) e onestà (Essere o non essere, In Piedi, Confesso), i due valori cardine a cui i Nomadi dedicano le altre canzoni dell'album. Strettamente legati tra loro. La speranza di un futuro migliore si costruisce a partire dalla capacità di rivolgerci senza maschera a noi stessi e agli altri. "Sono compagni di viaggio - dice Beppe -. Io credo nel domani e i Nomadi la speranza e l'onestà ce l'hanno nel Dna. Forza, non dobbiamo arrenderci! Mi rivedo molto in Stringi i pugni. Nel 1964 mi dicevano: Beppe, non ce la farai mai, ci sono altri che sono più bravi di te. E invece con Augusto ce la facemmo, registrammo il nostro primo disco. Sono valori assoluti".
La mappa dei "valori assoluti" si completa con l'amore che lega il gruppo alla sua gente. I Nomadi riprenderanno i concerti il 17 novembre partendo da Firenze. Ma prima Beppe ha un impegno da onorare. "Il 6 novembre tornerò in Cambogia per inaugurare una casa di accoglienza per baby prostitute. Con Ecpat ho in programma anche un altro viaggio. Non so dove andremo. Mi sarebbe piaciuto realizzare anche nel Laos un progetto simile. Con Ecpat abbiamo chiesto di parlare con le autorità del regime laotiano. Una solerte signora in tuta mimetica ci ha lasciato spiegare la nostra idea. Ma poi non abbiamo avuto nessuna risposta. Per il regime la prostituzione infantile non esiste. Un altro muro da abbattere".
(27 ottobre 2004)