«Un disco che ha il sapore della vendemmia», dice Beppe Carletti.
E parla dei problemi di tutti: del disorientamento della gente, della paura della guerra. E degli "altri".


«Mi piace pensare che questo disco abbia gli stessi colori e profumi dell’autunno, della vendemmia, sapori forti come il vino appena pigiato e, perché no, anche un velo di nebbia. Sono 11 canzoni inedite. Credo che sia stato fatto un ottimo lavoro e comunque sicuramente un passo avanti senza tralasciare il cammino intrapreso, anzi, alimentandolo di nuova linfa e creatività. Il responso sarà il pubblico a darlo, sperando di sorprenderlo e di non deluderlo...».

Questa è la presentazione che Beppe Carletti, leader di I Nomadi, fa di Corpo estraneo, ultimo di una serie di album che il gruppo ci regala dal 1963. E ancora una volta Beppe riesce a sorprenderci, a spiazzarci, a portarci sul terreno della vita quotidiana strapazzata da guerra, incertezze, faide politiche, dal disorientamento del cittadino.

Il libro i cui proventi andranno a favore di progetti di solidarietà in Brasile, curati dalla associazione La forza della condivisione.Un cittadino che, negli 11 pezzi nuovi di zecca, diventa uomo, pensa e soffre, ama e si delude. La grande forza di Beppe e degli altri – Daniele, Cico, Danilo, Massimo e Sergio – sta proprio nella semplicità estrema, mai però nella banalità, con cui affrontano i problemi di tutti e di cui i Nomadi per primi sono vittime e testimoni. «Sei mesi di lavoro, 97 concerti, il disco», sospira Beppe, «e adesso un po’ di vacanza. Vado con mia moglie in Argentina dove ho degli amici e mi do alla macchia sino al 19 novembre, quando faremo il primo concerto a Milano: venite tutti, come sempre. Venite con i figli e i nipoti. In quarant’anni, tre generazioni ci stanno tutte...».

Mi era già capitato di raccontarlo, un concerto dei Nomadi, con tanta gente in platea che sa a memoria tutto il repertorio, che porta i bambini perché sa che, per i più piccini, c’è pronta una nursery attrezzatissima. E dalla platea arrivano in scena tanti bigliettini, pensieri, proposte, ringraziamenti per l’opera continua, assolutamente mimetizzata da una "non comunicazione" fortemente voluta.

«Quarant’anni», dice Beppe, «35 dischi con questo Corpo estraneo e un’antologia, Nomadi 40, che ha avuto un successo di vendite inaspettato. 
Tra una cosa e l’altra, dal 2003 sino alla vigilia di questo nuovo disco abbiamo venduto circa 300.000 copie...».

Abbassa la voce, quasi arrossisce perché teme che la sua sia giudicata una spacconata. Non è così, naturalmente: una legge non scritta dei Nomadi è il mimetismo. Il successo ce l’hanno, senza un momento di cedimento: perché mai ostentarlo, come farebbe chiunque?

«Oriente, il pezzo che apre l’album – quasi 50 minuti di musica che si propone in stili e forme sempre diversi –, è una disamina del modo di vivere i nostri giorni, che è terribilmente alienante, e, se anche sembra che non ci manchi nulla, che abbiamo tutto ciò di cui abbiamo bisogno, in fondo in fondo ci manca ciò che è più autentico, manca il contatto con le nostre emozioni, mancano i desideri e, soprattutto, le passioni. Oriente è il sogno, l’utopia, ma anche la presa di coscienza che usiamo le mani, usiamo il cervello, ma abbiamo paura di ardere d’amore, amore per il proprio lavoro, per le cose più semplici, amore per la vita in genere». Davvero, nessuno più di Beppe poteva raccontare meglio la sua canzone.

Ma che cosa vuol dire Corpo estraneo, che è poi il titolo dell’album?

«La vita ci ha messo in condizione di aver paura di tutto ciò che non conosciamo. Ci spaventiamo e lo combattiamo, e questo è un peccato, perché ci preclude la possibilità dello scambio con il diverso da noi, l’autentico scambio con l’altro con la A maiuscola. Invece siamo nell’era del microbo da combattere, del virus che viene da chissà dove, religioni diverse, popoli diversi, tutto ciò guardato con sospetto; vaccinarci tutti in modo preventivo è diventato consuetudine, da vaccino per l’influenza alla guerra preventiva il meccanismo è lo stesso. Abbiamo paura di confrontarci e di perdere le nostre certezze, così poi combattiamo, ma non tanto l’altro, quanto la paura che abbiamo. Siamo nell’era del "corpo estraneo". Ecco perché questo titolo. Siamo in piena crisi di rigetto, e allora via con i lavori per la costruzione del muro, muraglie cinesi, ovunque! Israele, Ruanda, Cecenia, un nemico è facilissimo da trovare. 
Senza considerare poi che il vero primo estraneo è diventato il nostro corpo!».

L’amore è solidarietà

Anche questa chiara "didascalia" Beppe ha voluto dettarla personalmente, perché arrivasse a chi leggerà queste righe e ascolterà il disco. Un minuetto, una square dance con tanto di chitarra travestita da banjo, una voce lirica che spunta all’improvviso e neanche ti sorprende. Il disco dei Nomadi è tutto questo ma anche molto di più.

C’è il tema della guerra: «Non esiste una buona ragione per fare una guerra, nessuna ragione per morire in guerra. Non esiste una guerra giusta, non esiste un senso...». E c’è il tema del potere: «C’è chi racconta in giro che vuol cambiare tutto, se stai con lui sei bravo, se no sei farabutto...».

«Attenzione», precisa Beppe, «non voglio che queste parole siano strumentalizzate, intese contro questa o quella parte politica. Abbiamo voluto solo esprimere il senso di disagio che viviamo giorno dopo giorno. Con la Tv che ci dà una mano. Dire ti amo a volte è la cosa più difficile del mondo. 
Il controllo delle emozioni è lo sport più praticato. Essere o non essere: i Nomadi sanno come dirlo e il loro amore è per il popolo dei nomadi, per la solidarietà verso chi soffre. Non conosco modo migliore per esprimere l’amore!».


 Gigi Vesigna
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